15.4.12










Pollice in bocca aspettando il sonno. Il sapore del tuo corpo che ti avvolge, come sonno. Dal proprio corpo non può venire alcun male. 
Collera, riempire di grida una caverna, di paura o di rabbia. Le grida, come foglie purpuree, fluttuanti nell'aria, indipendenti da te, e che tuttavia su di te si accampano, coprendoti la faccia, provocando altre grida.
Essere consolati dopo il pianto. Una dolcezza ferma, come miele liquido, ti si accumula nel petto. Solo la sommità della bocca è ancora dolente. L'inesplicabile causa è inspiegabilmente svanita. 
L'incapacità di ricordare è forse essa stessa memoria. Abbiamo vissuto sperimentando l'indicibilità: c'erano alcune forze elementari -caldo, freddo, dolore, dolcezza- che riconoscevamo. Come anche qualche persona. Ma non c'erano verbi né nomi. Persino il primo pronome era una certezza crescente piuttosto che un fatto, e per questa mancanza i ricordi (di contro al funzionare certo della memoria) non esistevano.

Un tempo abbiamo vissuto l'esperienza, priva di cuciture, del vuoto di parole. Vuoto di parole significa che tutto è continuo. Il sogno più tardo di un linguaggio ideale, un linguaggio che dica tutto allo stesso tempo, inizia forse con il ricordo di questo stato senza ricordi.

Una volta nell'infanzia - John Berger









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